Biocombustibili sotto accusa. Ora c’è chi chiede una moratoria |
di Elio Smedile
Nel 1985 grande clamore suscitò la decisione del Gruppo Ferruzzi di entrare nel mercato dei biocombustibili, dando il via alla produzione su larga scala di etanolo di derivazione agricola. “Gardini annuncia l’ingresso nel business della benzina verde” titolavano i giornali dell’epoca.
Utilizzare l’alcool per i trasporti non era in realtà una novità in senso assoluto, in quanto in quegli stessi anni in Brasile gran parte delle automobili in circolazione usava già come combustibile etanolo prodotto a partire dalla canna da zucchero. Ma era la prima volta che in Europa scendeva in campo un grande Gruppo industriale di riconosciuta capacità tecnico-finanziaria, con mezzi adeguati e crescente influenza politica.
L’iniziativa di Raul Gardini, tuttavia, venne vista con diffidenza da molte organizzazioni agricole e da gruppi industriali operanti nel settore petrolifero; anche nel mondo politico il progetto non sembrò suscitare grandi entusiasmi. La ragione di questa diffidenza, con ogni probabilità, aveva a che fare con il timore che una simile scelta avrebbe rischiato di scardinare alcune rendite di posizione.
La conseguenza fu che – soprattutto in Italia ma anche in Europa – si creò un fuoco di sbarramento di opposizioni che fece naufragare il progetto. L’evento non fu senza contraccolpi: per molti anni, infatti, in Europa le filiere dei biocombustibili segnarono il passo.
Le criticità ambientali degli anni successivi generarono un rinnovato interesse per i biocombustibili, dapprima nei Paesi del Centro e Nord Europa e poi – ma con minor enfasi – anche in Italia. [...]
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