di Andrea Molocchi
Dopo un anno di accese discussioni, a tratti molto infuocate, sia fra Stati membri che fra associazioni ambientaliste e case automobilistiche, il 19 dicembre 2007 la Commissione europea ha pubblicato la proposta di regolamento per la riduzione delle emissioni di CO2 delle auto di nuova produzione. Per far intuire l’importanza di questa proposta, si tratta della prima legislazione europea per il controllo delle emissioni di CO2 delle auto dopo almeno 15 anni di “melina” comunitaria (accordo volontario fra produttori, etichettatura delle auto, eccetera) dagli esiti disastrosi in termini di free riding di molti produttori e peggioramento culturale dell’utente. In questo lungo periodo è stata infatti favorita la crescita del peso delle auto, delle volumetrie, delle potenze motoristiche ed è stata fatta una falsa cultura della sicurezza stradale basata sul gigantismo e sulla capacità offensiva dei veicoli invece che sulla responsabilizzazione nel loro uso.
L’iniziativa della Commissione nel settore auto si inserisce nella strategia generale dell’Unione, “santificata” dal Consiglio di marzo 2007, che prevede il raggiungimento di quattro obiettivi integrati entro il 2020 (meno 20 per cento di riduzione dei gas serra rispetto al 1990, risparmio di energia primaria del 20 per cento rispetto al tendenziale oggi previsto, 20 per cento dei consumi di energia primaria da fonti rinnovabili e 10 per cento dei consumi di carburanti nei trasporti da biocarburanti). Ma – come vedremo – non mancano le contraddizioni all’interno della politica europea.
Cosa prevede alla fine, questa tanto discussa proposta? L’obiettivo medio che il settore auto nel suo complesso dovrebbe raggiungere è stato fissato a 130 g CO2/km a partire dal 2012 (media del fattore di emissione certificato per le singole auto sull’intero venduto comunitario), ma – inaspettatamente – è stato mantenuto invariato fino al 2015 e oltre. L’obiettivo di riduzione a lungo termine (nel febbraio 2007 la Commissione aveva proposto 95 g al 2020) è scomparso. [...] Insomma, sotto il profilo dell’obiettivo, è stato dato un colpo al cerchio e l’altro alla botte per venire incontro alle richieste di flessibilità temporale delle case automobilistiche senza perdere di vista il numerino promesso dei 120 g/km.
Per quanto riguarda lo strumento di convergenza dei produttori (come raggiungere i 130 g), nonostante i ripetuti allarmi dell’associazione Amici della Terra e le iniziative di lobby a sostegno di uno strumento di convergenza comunitaria rispondente agli interessi del sistema Italia, la Commissione è andata dritta per la propria strada, proponendo l’introduzione di meccanismi di flessibilità favorevoli agli interessi dell’industria tedesca, ma che ahimè – visto che i conti devono riportare all’obiettivo medio di settore dei 130 g – colpiscono direttamente e assurdamente l’industria francese e italiana, entrambe meglio posizionate in termini di CO2 /km e le uniche che abbiano fatto sostanziosi passi in avanti nel periodo degli accordi volontari. [...]
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