di Mario Smedile
Nel mondo l’interesse diffuso per l’impiego dei biocombustibili nel settore dei trasporti sembra essere abbastanza recente. Fa eccezione il Brasile, dove già nella seconda metà degli anni Settanta parte della produzione nazionale di canna da zucchero veniva impiegata nella conversione in alcool etilico (etanolo) quale combustibile per autotrazione. Le prime incentivazioni e riduzioni del carico fiscale per l’etanolo prodotto dalla canna da zucchero risalgono infatti a una legge federale del 1975. Con lo stesso provvedimento fu anche previsto che tutta la benzina immessa al consumo dovesse contenere il 22 per cento di etanolo (E22) e che l’etanolo venduto dovesse avere un prezzo alla pompa del 41 per cento inferiore di quello delle benzine. La disponibilità sul mercato di auto modificate per l’utilizzo del biocombustibile e il citato favorevole prezzo imposto fecero sì che già nella prima metà degli anni Ottanta gran parte delle automobili circolanti sulle strade brasiliane usasse etanolo. Secondo alcuni calcoli, dal 1975 al 2000 la sostituzione della benzina con l’etanolo avrebbe permesso di ridurre le emissioni di anidride carbonica in atmosfera di 100 milioni di tonnellate. Ora il Paese del Sud America non è più solo. La pressante esigenza di ridurre le emissioni di composti climalteranti ha prodotto negli ultimi anni, soprattutto negli Stati Uniti e nell’Unione europea, una straordinaria accelerazione dei programmi per lo sviluppo delle filiere dei biocombustibili. È sembrato quindi interessante verificare tramite un sondaggio di opinione cosa ne pensano i cittadini brasiliani dell’auto ad alcool, in previsione di una probabile diffusione anche in Italia di questi combustibili alternativi. Questa indagine – interamente promossa e realizzata da Nuova Energia – è stata condotta nell’agosto 2007 nella città di San Paolo e in alcuni centri minori dell’omonimo Stato, l’area tecnologicamente più avanzata del Paese e quella dove sono presenti i maggiori impianti di produzione di etanolo. Agli interpellati – un campione di circa 120 persone, maschi e femmine, di diverse età e di professioni differenti – è stato sottoposto un questionario in lingua portoghese, composto da cinque domande. L’indagine in questione non ha ovviamente la pretesa di essere rappresentativa, non ha il rigore scientifico di una vera e approfondita ricerca di mercato. Punta soltanto ad offrire alcuni spunti di dibattito e di riflessione che – come detto – potrebbero fare scuola anche nella realtà italiana. Dei 120 interpellati, meno del 50 per cento ha poi effettivamente acconsentito a rispondere al questionario. Uno degli ostacoli ad accettare l’intervista o a rispondere con cognizione di causa alle domande va certamente attribuito al basso livello culturale di parte della popolazione. La società brasiliana presenta infatti grandi contrasti: accanto a realtà di elevato livello scientifico (ad esempio l’università di San Paolo) vi sono larghe sacche di popolazione culturalmente sottosviluppate. Altre difficoltà incontrate, più in generale, sono state rappresentate dalle distanze culturali: lo stile di vita brasiliano è differente da quello italiano e vi è una certa reticenza a parlare – soprattutto con una “rivista straniera” – di un argomento su cui pochi hanno a disposizione informazioni corrette. Nonostante la diffusione della televisione, del computer e dell’accesso ad Internet, è emersa ugualmente l’impossibilità per molti di accedere alle informazioni necessarie per costruirsi un pensiero critico rispetto al problema in questione, e per metterlo “nero su bianco” sulla scheda di un questionario. I mali della società brasiliana sono evidenti per chiunque soggiorni anche per brevi periodi nel Paese sudamericano, anche se le persone sono resistenti ad esprimersi liberamente rispetto alle difficoltà che quotidianamente è necessario affrontare nel Paese.
L'ATTENZIONE AL PROBLEMA CRESCE CON L'ETÁ
Dalla rilevazione effettuata sul campo, e da colloqui successivi fatti con operatori del settore, è emersa una prima considerazione fondamentale: la poca importanza che i soggetti intervistati attribuiscono all’argomento. Non entusiasma, non scalda il dibattito, non crea schieramenti. La diffusione capillare dei biocombustibili è data per acquisita; di primo acchito né buona né cattiva, semplicemente normale. Sorprendentemente i giovani si sono dimostrati meno interessati degli anziani, vissuti in un periodo storico molto meno florido per il loro Paese. I giovani hanno dimostrato di conoscere poco il biocombustibile e i benefici che esso può apportare all’ambiente rispetto alla benzina, benché il problema dell’inquinamento urbano sia molto sentito in una sterminata megalopoli quale è la capitale dello stato di San Paolo. E, soprattutto, il rifiuto a rispondere alle domande è stato nettamente superiore nella fascia di età dei ragazzi di quanto non lo fosse tra gli over 60. Non è certamente un caso che l’età media degli intervistati, alla fine di questo breve sondaggio, sia risultata pari a 54 anni.
UNA DIFFUSA DIFFIDENZA CONDIZIONA I RISULTATI
Prima di scendere nel dettaglio dei risultati, una riflessione di fondo. Tra gli intervistati ha prevalso un generalizzato atteggiamento di delusione – nei confronti dei governanti – per le speranze tradite di cambiamento della situazione economica. La sfiducia ha rappresentato un “pesante fardello” che ha inevitabilmente condizionato l’atteggiamento nei confronti dei biocombustibili. Se in linea di principio, quindi, quasi tutti sembravano favorevoli all’etanolo, nel vivo delle interviste è comunque emersa una diffidenza di fondo nei confronti delle auto funzionanti con questa alimentazione. I dubbi si estendono – anche se in misura minore – alle auto con sistema bi-fuel (benzina più etanolo). Gli intervistati apprezzano il basso costo dell’alcool ma non pochi lamentano le difficoltà di accensione durante il periodo invernale; lodano le valenze ambientali dei biofuel, salvo poi aggiungere “purché siano reali”. E così via. C’è quasi sempre un “ma” e un “purché”…
A PAROLE 8 SU 10 SONO FAVOREVOLI
La prima domanda voleva sondare la posizione (favorevoli o contrari) nei confronti dei biocombustibili. È stato un quasi plebiscito con una percentuale di “sì” prossima all’80 per cento; mentre solo 12 intervistati su 100 hanno bocciato questa soluzione. Le risposte – pur nei limiti di un campione come già evidenziato ristretto – non hanno mostrato particolari differenze al variare dell’età, del sesso o della condizione occupazionale. Quanto ai contrari, da una parte hanno mostrato una coerenza di fondo (tutti hanno poi risposto negativamente alla terza domanda, che chiedeva loro se erano disposti ad acquistare un’auto a etanolo). Dall’altra hanno però rivelato – nella maggior parte dei casi – di conoscere poco la materia. La risposta prevalente alle altre domande è stata, infatti, “non so”. Forse è solo una nota di colore, ma vale la pena evidenziare che questo sondaggio ha anche “pescato” due autisti. Entrambi hanno espresso una posizione contraria nei confronti dei carburanti bio. Nemo profeta in patria?
SENSIBILITÁ AMBIENTALE COME PRIMA MOTIVAZIONE
Seconda domanda: perché il Brasile ha scommesso – ormai da un terzo di secolo – sui combustibili verdi? Le opzioni proposte erano tre: per sostenere l’agricoltura nazionale, per una effettiva sensibilità ambientale, per ragioni industriali con l’obiettivo di diventare poi leader mondiale di questa tecnologia. Era anche possibile rispondere segnalando ulteriori motivazioni, oppure evidenziando la combinazione di più motivazioni. L’opzione più gettonata è stata quella della sensibilità ambientale, che si è aggiudicata il 43 per cento dei consensi. Le ragioni di tipo “industriale” hanno convinto esattamente un terzo del campione intervistato, mentre la via del sostegno all’agricoltura nazionale ha trovato d’accordo quasi il 30 per cento. Tra le risposte “fuori lista”, la necessità di combattere la crisi petrolifera (10 per cento delle risposte), ragioni essenzialmente di propaganda politica (6 per cento), l’esigenza di rilanciare l’economia interna. Confermando le valutazioni fatte in precedenza sulla diffidenza generalizzata, si può segnalare come al crescere dell’età (e della conoscenza della materia) il “verde” lasci il posto a considerazioni più pratiche: le risposte “sensibilità ambientale” vanno infatti diminuendo,mentre si nota una graduale prevalenza delle altre opzioni: aspetti economici, questione politica, esigenze di gestione della sovrapproduzione agricoltura nazionale. Gli anziani, in particolare, avendo assistito durante la loro vita al dilagare della corruzione nella classe politica, hanno aggiunto – a taccuini chiusi – che l’utilizzo dei nuovi combustibili sarebbe in ultima analisi solo una manovra per arricchire la “casta” del Brasile.
BELLE, MA (PER ALCUNI) IMPOSSIBILI DA COMPRARE
La terza domanda (Vorrebbe possedere un’auto alimentata a biocombustibili?) potrebbe essere commentata con un pizzico di ironia. I brasiliani sono favorevoli alle auto alimentate da combustibili verdi. Ma a bordo preferiscono veder salire gli altri. Infatti c’è una differenza di circa dieci punti tra chi è semplicemente favorevole ai biofuel (prima domanda, con il 78,4 per cento dei consensi) e chi,invece, si dichiara anche disposto all’acquisto o all’utilizzo di un’auto bio (68,6 per cento delle risposte). In pratica un terzo del campione non sembra propenso a compiere in prima persona questa scelta. Per non tacciare di incoerenza gli intervistati – sarebbe certamente avventato – va segnalata una critica raccolta da più parti sulle strade di San Paolo: “Le auto bi-fuel disponibili sul mercato sono per la maggior parte vetture importate e comunque accessibili solamente a chi ha un salario molto alto rispetto alla maggior parte della popolazione del Brasile”. Ci sarebbe dunque una barriera di prezzo che condiziona non poco le eventuali scelte di acquisto. Come a dire: anche volendo, non posso…
NON MANCANO I RIMPIANTI PER DIESEL E BENZINA
Domanda inevitabile e in parte “scottante” la quarta, che proponeva un confronto tra l’alimentazione da derivati dei combustibili fossili e quella a biocombustibili. Effettivamente delle differenze ci sono, e sono anche state percepite. L’opzione “nessuna differenza” – stante la possibilità di risposte multiple – è stata segnata dal 43 per cento del campione. Va rilevato che tutti coloro che hanno dato questa risposta avevano in precedenza risposto affermativamente alla domanda 1 e alla domanda 3. Sembra quindi che si tratti di una presa di posizione “a ragion veduta” effettuata da persone che hanno avuto modo di sperimentare in prima persona la guida a bordo di mezzi alimentati ad alcool. Resta comunque prevalente la quota di coloro che, invece, hanno riscontrato delle differenze. Differenze, per altro, non necessariamente negative. Infatti un buon 31 per cento ha segnalato come elemento discriminante i minori costi del biocombustibili. Quasi il 20 per cento del campione interpellato ha invece sottolineato come i combustibili tradizionali offrano migliori prestazioni. Al punto che, facendo bene i conti non sul costo al litro, ma su quello chilometrico, i biocombustibili avrebbero quotazioni perfettamente in linea con quelle dei combustibili tradizionali o addirittura superiori. C’è anche chi ha giurato di percorrere solo 7 chilometri con un litro di alcool rispetto allo standard di 10 chilometri, “garantiti” dall’alimentazione a benzina. Inoltre è stato evidenziato anche l’aspetto della maggiore manutenzione richiesta dalle auto alimentate a biocombustibili (12 per cento del campione) e più in generale sono stati rilevati inconvenienti per problemi di accensione, specialmente nelle stagioni fredde. Infine, un quarto del campione ha preferito non esprimersi.
NELLE SCELTE DI ACQUISTO "COMANDA" IL FATTORE PREZZO
Le risposte alla quinta domanda, tutto sommato, non sorprendono affatto. Si chiedeva infatti agli intervistati se il prezzo fosse una variabile di scelta importante. Ovvero, se anche in presenza di un eventuale aumento dei costi dei biocombustibili, tali da renderli non più competitivi nei confronti di gasolio e benzina, i cittadini avrebbero continuato ad acquistarli. La risposata “sì” è stata scelta solo da un quarto esatto del campione. A dare una risposta positiva sono stati, in particolare, i soggetti che si erano già espressi favorevolmente nei confronti di un’auto “verde” e che avevano risposto a tutte le altre domande mostrando un buon livello di consapevolezza del problema e in generale una discreta sensibilità ambientale. Viene quindi da pensare che le risposte affermative fossero anche consapevoli e non semplicemente “di comodo”. Resta comunque prioritaria (i tre quarti del campione) la quota di chi vedrebbe incrinare il proprio appoggio ai combustibili verdi, o di chi preferisce non esprimersi, di fronte a un aumento dei prezzi che andasse a toccare il portafogli. Va ricordato, come emerso nella precedente domanda, che alcuni interpellati già oggi sono convinti del fatto che il confronto economico tra benzine e biocarburanti non volga necessariamente a favore dei secondi.
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