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Gli imperativi globali del nostro secolo, ai quali è urgente dare risposta concreta, sembrano essere i cambiamenti climatici e il mancato accesso all’energia elettrica di una buona fetta della popolazione del Pianeta. La battaglia per sconfiggere questa povertà energetica – dando una risposta al diritto sacrosanto di fruire dei servizi energetici di base – spesso lascia da parte però la sfida ai cambiamenti climatici e alla protezione dell’ambiente.
Circa tre miliardi di persone vivono al di sotto della soglia di povertà energetica (secondo la definizione data di quest’ultima dalle Nazioni Unite, ossia la mancanza di accesso ad energia prodotta in modo efficiente e pulito). Ciò che può sorprendere è che questa povertà non è relegata esclusivamente nelle aree in via di sviluppo; è presente in molti Paesi produttori e membri OPEC – è il caso della Nigeria – e in alcune nazioni industrializzate come gli Stati Uniti, dove oltre 15,9 milioni di persone non hanno adeguato accesso all’energia.
Tuttavia il sillogismo “maggiore crescita economica uguale maggiore degradazione ambientale e aumento delle emissioni climalteranti” non è sempre e necessariamente vero. Il matrimonio tra le tecnologie energetiche alternative e il sistema del microcredito può infatti dare vita nei Paesi in via di sviluppo a nuovi accessi all’energia elettrica, con un basso impatto ambientale.
Per far sì che il progresso legato all’età moderna allarghi il suo ambito di incidenza, le politiche dei diversi governi devono iniziare ad operare al fianco della finanza internazionale: infatti, senza accesso ad un’energia prodotta in modo moderno e secondo regole di mercato, i Paesi poveri rimarranno intrappolati in un debilitante ciclo di miseria, instabilità sociale e sottosviluppo.
La domanda essenziale a cui dobbiamo rispondere è come sarà possibile compiere questo passaggio esemplare. La risposta potrebbe essere proprio il sistema del microcredito, un prestito a basso interesse che faciliti le attività legate alla produzione di energia.
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