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PAUSA-ENERGIA
 
Abstract in italiano
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Il Protocollo di Kyoto non funziona perché è stato formulato in analogia con altre soluzioni per problemi solo all’apparenza simili, ma di fatto molto diversi. Il Protocollo di Montreal obbliga gli Stati a limitare le emissioni dei gas dannosi per lo strato di ozono, ma con Kyoto gli Stati non possono di fatto intervenire sull'anidiride carbonica: le fonti sono troppe, sono solo parzialmente monitorabili e il carbonio fornisce la maggior parte dell’energia richiesta dalle società moderne. Il commercio delle quote è stato introdotto negli Usa per controllare le emissioni di SO2, facilitando a livello di impianto la scelta se usare carbone a basso contenuto di zolfo o di installare desolforatori, ma per la CO2 soluzioni equivalenti non sono tecnicamente possibili: il gas naturale è costoso e di difficile approvvigionamento e il sequestro del carbonio è ancora allo stadio sperimentale. Anche i pozzi di carbonio, dalla forestazione ai progetti JI e CDM, non compensano le emissioni nelle enormi quantità che sarebbero necessarie.

Il Protocollo di Kyoto si scontra con le realtà del commercio internazionale. Molte emissioni di Paesi consumatori di prodotti ed energia sono contabilizzate in altri Paesi non sottoposti a limitazioni formali e quindi con distorsioni del rapporto causa-effetto. Gli Stati inoltre non hanno strumenti diretti di intervento perché nelle economie di mercato gli individui e attori dell’economia scelgono sulla base del prezzo di merci e servizi, non delle emissioni. Secondo l’autore di questo articolo, quindi, il Protocollo di Kyoto andrebbe completamente rivisto. È indispensabile mettere in relazione le emissioni con la loro causa finale, fissare un prezzo del carbonio così da avere certezza sugli investimenti e sostenere interventi di efficienza al consumo, gli unici che a lungo termine possono garantire riduzioni effettive delle emissioni di gas climalteranti.

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